Fotografia dell’esecuzione sulla sedia elettrica della trentatreenne Ruth Snyder pubblicata in prima pagina sul New York Daily News, la mattina di venerdì 13 gennaio 1928, e sormontata dal titolo esplicito Dead! (morta!). Una icona della fotografia.

Dead! Daily News
Considerata la più famosa tra le fotografie “rubate”, l’immagine dell’esecuzione di Ruth Snyder sulla sedia elettrica di Sing Sing è stata pubblicata sulla prima pagina del New York Daily News del 13 gennaio 1928. Per realizzarla, il fotocronista Thomas Howard è ricorso a uno stratagemma. Alla pubblicazione, la fotografia ebbe un impatto enorme sull’opinione pubblica.

La fotografia dell’esecuzione sulla sedia elettrica della trentatreenne Ruth Snyder, accusata e condannata per l’omicidio del marito (assassinato con la complicità del suo amante), è considerata e conteggiata la prima immagine fotogiornalistica “rubata” del Ventesimo secolo.

Come è stato rilevato dall’indagine televisiva Les 100 photos du siècle, trasmessa dall’inizio del 1999 dall’emittente francese Arte, e nella successiva raccolta in volume dello stesso percorso retrospettivo (edizione italiana Le immagini di un secolo; a cura di Marie-Monique Robin; Evergreen/Taschen, 2001), questa stessa immagine è anche la più famosa delle fotografie “rubate” perché è l’unica visualizzazione di una esecuzione capitale (a parte le terribili testimonianze video e fotografiche che ancora arrivano da paesi orientali, Repubblica popolare cinese in testa).

Fotocronista nello staff del quotidiano, Thomas Howard, l’autore dell’immagine, la realizzò con un abile sotterfugio. Ricorda la figlia Loretta Wendt, che nel 1928 aveva cinque anni, intervistata per la trasmissione televisiva appena ricordata: «I fotografi non potevano [né ancora possono] assistere alle esecuzioni, così il giornale chiamò mio padre che viveva a Washington, da dove corrispondeva con il New York Daily News, perché né le guardie della prigione né i giornalisti di New York lo conoscevano». Il piano era di farlo passare per uno scrittore, e di mandarlo all’interno di Sing Sing, dove avvenne l’esecuzione, con una macchina fotografica di piccole dimensioni legata alla caviglia sinistra. (Attenzione, per alleggerire i toni, ricordiamo che una condizione analoga si incontra nella commedia cinematografica Prima pagina, di Billy Wilder, del 1974, dove il direttore dell’ipotizzato quotidiano Chicago Examiner, interpretato da Walter Matthau, attrezza in questo modo un giovane reporter, appunto inviato ad assistere a una esecuzione).

La macchina fotografica di Thomas Howard era caricata con una sola lastra sensibile; l’otturatore era collegato a un cavo flessibile nascosto all’interno dell’abito, con comando per lo scatto nella tasca del cappotto. Per l’occasione, lo stesso otturatore venne modificato, in modo da aprirsi gradualmente senza il proprio rumore caratteristico, che avrebbe rivelato la presenza dell’apparato fotografico. Ovviamente, la messa a fuoco dell’obiettivo fu preregolata su una distanza valutata in base alle informazioni ricevute dall’interno sulla lontananza dei giornalisti dalla sedia elettrica.

Per un mese intero, prima della data fatidica, Thomas Howard fece infinite prove pratiche, in modo da essere pronto per ogni possibile evenienza. Al momento di entrare nella stanza dei testimoni, adiacente il locale della sedia elettrica, occupò una postazione centrale in prima fila. Scattò una prima volta, quando il corpo della prigioniera ricevette la prima scossa elettrica. Su questa lastra esposta, scattò ancora sulla seconda scossa elettrica, creando così l’impressione di movimento della fotografia finale.

Giornalisticamente, lo scoop, definiamolo in questo modo, portò la tiratura del quotidiano a oltre un milione e mezzo di copie (1.556.000, per l’esattezza), che per lungo tempo ha rappresentato un record mondiale. Rileva ancora Loretta Wendt, figlia del fotografo Thomas Howard: «Dopo questa fotografia, mio padre divenne il fotocronista più famoso del tempo. E oggi la sua fotografia è una pietra miliare nella storia del fotogiornalismo americano». Non solo, ovviamente: questa terribile fotografia, che mostra ciò che nessuno vorrebbe vedere, ha influenzato anche la storia della pena di morte negli Stati Uniti.

Come è intuibile, al momento della pubblicazione, la fotografia ebbe un impatto enorme sull’opinione pubblica, perché, prima di allora, la pena di morte non era mai stata mostrata in modo tanto evidente ed eclatante: con l’esplicita raffigurazione di una immagine senza equivoci. Per questo, la fotografia di Thomas Howard diede sostanzioso impulso alla causa abolizionista, che però perse il proprio vigore qualche decennio dopo, all’inizio degli anni Cinquanta, in clima di caccia alle streghe, con la condanna a morte dei coniugi Julius e Ethel Rosenberg, simpatizzanti comunisti, accusati di aver ceduto all’Unione Sovietica i piani di costruzione della bomba atomica, al cui progetto avevano collaborato negli anni della Seconda guerra mondiale.

Comunque, la fotografia di Thomas Howard riappare ogni qualvolta si parla di pena di morte, ma, in definitiva, la sua forza originaria si è stemperata con il tempo, arrivando ad assumere più i toni della storia remota (e per questo estranea al quotidiano dei nostri giorni) che quelli dell’orrore. È il destino delle icone, anche fotografiche, che troppo spesso perdono per strada i propri contenuti impliciti ed espliciti.